Magnan
Altra figura scomparsa è il magnan, calderaio; infatti
nessuno usa ancora per cucinare le pentole di rame che richiedevano
periodicamente la stagnatura; per questo il calderaio, introducendosi
nelle abitazioni, aveva modo di corteggiare le clienti.
Il magnano impiantava il suo armamentario ambulante (lima, martello,
forgia, mantice) era quasi sempre un montanaro dell'Ossolano; bruno di
carnagione, nera la capigliatura, abito di fustagno, ampia giacca ed
ampi pantaloni stretti alla caviglia, cappellaccio in testa: questa era
la sua divisa. Da qui il detto: "Tenc come on magnan", nero come un
calderaio, essere tanto sporco da sembrare nero.
Per sottolineare la povertà del suo mestiere lo stagnino gridava:
"Magnanoo! Magna-nò! .... che non mangia."
Eppure questo montanaro sceso dai monti per esercitare il suo mestiere
era sempre stato ritenuto persona scaltra. Infatti: "Falla de magnan".
Farla da magnano, da furbo. Ed anche: "Quell l'è magnan"! È un furbo da
tre cotte.
Abile nel suo mestiere tanto che ancor oggi si dice: "Giustalla nanca el
magnan".
Non poterla aggiustare neppure il magnano, si dice di cosa irreparabile.
"Giò che l'è chi '1 magnan,
giò che l'è chi '1 magnan,
che conscia, che pesta fin doman,
Se- gh'avii quei coss de rott
mi ve 'l giusti per nagott,
giù che l'è chi '1 magnan...".
Opera di Capellini Silvano