"In
quest'ora di grande tristezza per la morte del pittore Scarpati,
sentimenti e ricordi si affollano così numerosi da rendere
im-possibile un discorso piano e ordinato. Mi limiterò pertanto
a commentare due frasi contenute in una sua lettera di alcuni
mesi fa.
La prima dice: "La vita di artista è stata dura e bellissima".
Nella lettera il secondo aggettivo è sottolineato, il primo no:
e non senza ragione. Vuol dire che a Scarpati, che pur non
poteva dimenticare le difficoltà degli esordi, le amarezze e le
incomprensioni che segnarono molti momenti della sua lunga
operosità, la vita di artista, in tutto il suo non breve arco, è
apparsa soprattutto bellissima.
L'arte della pittura, abbracciata fin dalla prima giovinezza,
coltivata con amore anche a costo di sacrifici e di rinunce, lo
ha ampiamente ripagato della sua completa dedizione, del suo
studio appassionato, della sua fedeltà senza incrinature. E
bellissima egli definisce la sua vita di artista. Bellissima per
la commozione del creare, nella trepida attesa di quella
illuminazione quasi divina che fa di un dipinto un'opera d'arte;
bellissima per la gioia del vedere la forma delinearsi, farsi a
poco a poco, precisarsi e completarsi; bellissima per l'intima
soddisfazione di comunicare ad altri sentimenti, emozioni,
ideali. Questa capacità di comunicare e di illuminare è soltanto
di pochi: richiede sentimenti profondi e sinceri, un innato e
vivo senso del bello, una chiarezza espressiva tale per cui i
sentimenti dell'artista giungano immediatamente al cuore di chi
legge o guarda o ascolta. E Giorgio Scarpati ebbe tutte queste
doti. E le conservò, le coltivò, le espresse con assoluta
coerenza, anche se il successo arrideva soprattutto a chi
sembrava preferire l'oscurità alla chiarezza, il brutto al
bello, il deforme all'armonioso. Quando ai clamori effimeri
subentrerà il silenzio della riflessione, quando all'interesse
dei mercanti si sostituirà un giudizio pacato ed obiettivo,
molte valutazioni di oggi certamente cambieranno. Intanto il
pittore Scarpati, avviandosi ormai al tramonto, poteva dire con
serena consapevolezza: "La vita di artista è stata bellissima".
E veniamo alla seconda frase. Dopo aver parlato delle molte e
grandi soddisfazioni avute dai suoi familiari, Giorgio Scarpati
scrive: "Posso chiudere la parentesi della mia vita di grandi
soddisfazioni proprio come il vecchio Simeone, quando gli
presentarono Gesù Bambino: Ti ringrazio, Signore, ora posso
anche morire". Qui non siamo più soltanto all'artista,
serenamente soddisfatto della sua lunga e feconda operosità:
siamo all'uomo e al credente; all'uomo che, dando uno sguardo
retrospettivo alla sua esistenza, ringrazia Dio per tutti i suoi
benefici. Qui in particolare ringrazia Dio per le consolazioni,
le soddisfazioni, i conforti ricevuti dalla moglie e dai figli,
i quali hanno sempre saputo incoraggiarlo, sostenerlo, creargli,
quell'ambiente di serenità e di pace che si riflette in modo
così evidente in tante sue opere.
Alcuni motivi vorrei particolarmente porre in rilievo in questa
seconda frase: quel chiamare evangelicamente la vita di quaggiù
una "parentesi", quel parlare in modo così tranquillo della
morte, quel ringraziare Dio con la stessa confidenza con cui si
parla ad un padre.
Gli è che Scarpati non è stato un credente dell'ultima ora. In
tutta la sua vita, contrassegnata da una semplicità francescana,
nel suo costruire e crescere una bellissima famiglia, nella sua
consuetudine con sacerdoti e religiosi, egli ha sempre espresso
la sua anima sinceramente cristiana. Le sue opere di pittore poi
sono un vero cantico di lode a Dio: sia quelle di soggetto
prettamente religioso, sia quelle che aiutano la comprensione
del messaggio cristiano, sia quelle infine che, con la loro
stessa armoniosa bellezza, richiamano l'altra bellezza, la
Bellezza suprema, infinita ed eterna.
A questa Bellezza, da lui profondamente amata, cantata con tanta
varietà di toni e tanta sincerità di sentimenti, l'amico
Scarpati è al fine approdato. Serenamente, come il vecchio
Simeone."
Edilio
Marelli
Dal mensile
"Giussano" del novembre 1987
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