ILLUSTRARE MANZONI
"Dipingere con l’immaginazione"
Era
accaduto per Ariosto e Tasso. E anche per Manzoni sembrò una
cosa ovvia, conseguente alla formidabile resa visiva della sua
scrittura – fatto, in realtà, tutt’altro che comune in Italia, e
tanto più nell’ambito della prosa –, per cui vi fu chi pensò
subito a illustrare il romanzo. Accadde quando ancora mancava
qualche mese all’uscita della prima edizione, quella pubblicata
da Vincenzo Ferrario nel maggio 1827. Il manifesto dell’editore
Ricordi, che annunciava le dodici litografie da inserire al loro
luogo nell’opera, diede di fatto la stura a una impressionante
sequenza di interpretazioni figurative, a conferma – ben prima
che lo stesso Manzoni si decidesse a proporre la sua scelta –
dell’enorme successo popolare dei Promessi Sposi. Nel
romanzo, si giustifica uno dei primi sperimentatori, Manzoni ha
organizzato il suo racconto «con tale precisione, forza e
verità», che chiunque abbia la capacità di tenere in mano la
matita si sente «invogliato di rappresentare con linee quanto
l’autore seppe con rara maestria dipingere con l’immaginazione».
La quantità può esimere dal
giudicare della qualità. Ma tra le sessanta e più ristampe
pirata del romanzo apparse nei tredici anni che separano
l’edizione Ferrario da quella che Manzoni volle illustrata
dall’officina di Gonin, s’impone almeno di ricordare i disegni
di Mariano Falcini per l’editore fiorentino Passigli Borghi, nel
1829; l’edizione del solo Passigli, nel ’36, illustrata da
Busato e Viviani, e la torinese di Pomba, dell’anno successivo,
dovuta a Demarchi e Gandini. Merita aggiungere all’elenco,
perché rappresentano forse il più illustre dei tradimenti
figurativi inflitti al romanzo, le venti tavole disegnate da
Bartolomeo Pinelli fra 1830 e ’31, con quella singolare «romanizzazione»
di protagonisti e paesaggio, del tutto estranea allo spirito e
alla scrittura manzoniani.
La scelta di Manzoni per Gonin
impose agli illustratori, dal 1840 in poi, di misurarsi con la
traduzione visiva giocoforza più autorevole (anche se neppure
qui sono mancati i dissensi sulla qualità della scelta: comunque
categorica, se solo si consideri che nel registro delle
alternative respinte s’incontra anche il nome di Hayez). È da
credere che Gonin rappresentasse al meglio quell’ideale di
schietta e sicura invenzione popolareggiante che Manzoni sentiva
come l’unico adatto ad accompagnare il tentativo, inconsueto in
Italia, di rendere «popolare» un testo scritto; nello stesso
giro di mesi in cui veniva pubblicata la «quarantana», si può
aggiungere a questo proposito, l’editore riproponeva
significativamente la stessa équipe di disegnatori e
incisori, e l’analoga soluzione grafica, per le Poesie
milanesi di Carlo Porta e di Tommaso Grossi.
E del resto, se si guarda di poco
indietro alla vicenda biografica di Manzoni, riesce difficile
non rendersi conto della singolarità, addirittura
dell’eccezionalità, di molte altre sue scelte, e sempre della
stupefacente coerenza degli esiti che comportarono. Se poco è
possibile dire della conversione, nell’episodio che resta il più
clamoroso e insieme il più gelosamente nascosto dell’intero suo
itinerario umano, non si potrà che dire sofferta la scelta di
rientrare a Milano da Parigi, ma nuovamente categorica. Era una
scelta che metteva in conto anche un preciso ripensamento della
propria attività di scrittore, disposto a rinunciare al «bello»
ma non più al «vero». Gli Inni sacri e il Conte di
Carmagnola avevano intanto attirato sul gruppo dei romantici
lombardi l’attenzione dell’Europa intera: a dare il la
era stato nientemeno che Goethe, che si era fatto anche
prefatore entusiasta – a Jena nel 1827, poco prima della
comparsa dei Promessi Sposi – di una raccolta delle opere
poetiche di Manzoni: una consacrazione che non trova eguali nel
panorama contemporaneo.
Goethe lesse, in
italiano, la prima edizione del romanzo, quella senza
illustrazioni. Difficile pensare che quelle di Gonin sarebbero
potute piacere all’ammiratore di Winckelmann e di Tischbein. Ma
Goethe aveva comunque inteso la «novità» dell’opera, quella
stessa novità che la stava imponendo anche in Italia, nonostante
il romanzo fosse «genere proscritto» dalla nostra letteratura, e
guardato con ferrea ostilità dai suoi occhiuti legislatori. Un
romanzo che, per di più, aveva come «eroi» due contadini, e
ambientato nell’inameno e caravaggesco Seicento, sembrava fatto
apposta per venir sacrificato all’altare della tradizione. Così
non fu, come tutti sanno: ed è un altro scherzo del destino che
quella novità sia diventata tradizione a sua volta.
Con tutto questo ha dovuto
misurarsi chi ha affrontato il compito di illustrare i
Promessi Sposi. Dall’inizio del Novecento, una quarantina di
artisti, a partire proprio dal 1900 dell’edizione Hoepli
illustrata da Gaetano Previati, una pietra miliare della
reinvenzione del racconto manzoniano: racconto che la resa
illustrativa può ormai sottintendere se non addirittura
aggirare, magari preferendogli – con estrema modernità – la
metafora, l’allusione e il simbolo. Ma il volume intero è
“marchiato” Previati: le quasi trecento illustrazioni, dalla
pagina intera ai capilettera ai finalini, ne determinano appunto
la stessa impostazione grafica, come era tradizione dei maggiori
illustratori europei dell’Ottocento, da Turner a Grandville a
Doré, e come per i Promessi Sposi era appunto accaduto
con il lavoro di Gonin. Ed ecco quindi, nel Novecento, i casi di
Chiostri (Paravia, 1904), di Pasini-Bertini (Vallardi, 1916) e
di Galizzi (Istituto Italiano d’Arti Grafiche, 1927), affiancati
alle scelte diversissime, si dica pure incomponibili, di Guttuso,
di De Chirico e di Sassu.
Qui trova posto, in questa
affollata e problematica compagnia, il trattenuto epos di
Scarpati. Ci conforta che questa iniziativa, volta a
restituirgli il luogo che gli compete, confermi come nulla di
quanto s’è qui accennato fosse fuggito alla sua lettura colta e
consapevole: per questo, grato agli amici di Giussano di averlo
coinvolto, il Centro Nazionale Studi Manzoniani ha voluto esser
presente a questa doverosa riscoperta.
Gianmarco Gaspari
Direttore del
Centro Nazionale Studi Manzoniani |