Salvatore Jemolo popolaresco e visionario
Salvatore Jemolo, nato il 10 marzo 1927 in Sicilia in provincia di Ragusa, per la precisione a Comiso, paese natale di Salvatore Fiume, con il quale instaurò in seguito una felice collaborazione artistica, e trasferitosi nel 1949 in Brianza, prima a Canzo, poi a Inverigo, quindi a Lurago d'Erba e infine a Carugo, dopo aver frequentato l'Istituto d'Arte con Magistero e l'Accademia di Belle Arti a Firenze, è da considerarsi come il cantore per eccellenza delle tradizioni popolari e delle quotidiane fatiche operaie e contadine, immortalate dalla forte espressività delle sue composizioni e dall'intensa poesia, a volte lirica e a volte epica, dei suoi colori.
Di grande merito e di altrettanto valore artistico, a due anni e mezzo dalla sua scomparsa avvenuta il primo novembre 2007 a Carugo, dove risiedeva con la moglie Stefania Proserpio e i due figli, Stefano e Nunzia, e che gli ha dedicato una mostra nel 2008, vanno considerate le iniziative dell'Amministrazione Comunale di Giussano in collaborazione con il "Circolo Culturale don Rinaldo Beretta" e la Scuola secondaria di primo grado "Alberto da Giussano", presso la quale il pittore insegnò dal 1969 al 1991, vale a dire una sua mostra retrospettiva a Villa Sartirana a cura di Pasquale Colacitti e questa pregevole raccolta di otto riproduzioni di alcuni tra i più rappresentativi e significativi lavori da lui realizzati nella sua lunga e fortunata carriera di artista, il tutto inteso a rinsaldare e riproporre, soprattutto alle nuove generazioni, un forte e sincero legame affettivo tra l'artista stesso e la città di Giussano.
Salvatore Jemolo, di cui si sono occupati a più riprese critici e personalità della statura di Raffaele De Grada e Dino Buzzati e molti giornali di ampia diffusione nazionale e internazionale e che ha lasciato anche racconti e altri scritti di gran gusto, nella sua vita ha sperimentato con successo varie tecniche artistiche, dall'olio al graffito, dalla tempera all'acrilico, dalla pirografia allo sbalzo su rame, dalla ceramica alle incisioni, in particolare all'acquaforte, per la realizzazione delle quali utilizzava un torchio e altre attrezzature di sua proprietà, con risultati di assoluta originalità ed efficacia.
In questa cartella troviamo una piccola ma indicativa sintesi dei temi da lui privilegiati nell'ambito della sua vasta produzione artistica, dai soggetti religiosi come, in questo caso, il Cristo in croce alle attività lavorative come Il mondo del lavoro e la Mietitura, dal folklore popolare come Il sogno al mondo degli affetti familiari e degli amici, come La famiglia e Il poggio, dai paesaggi come Inverigo alle nature morte come Cesto con melograni e pannocchia.
Nel Cristo in croce, una delle tante dimostrazioni di autentica devozione popolare da parte dell'artista e prima ancora dell'uomo, spiccano due specifiche caratteristiche della pittura religiosa di Jemolo, e cioè da un lato la compostezza e la grande dignità della figura di Cristo, a significare in questo modo il valore del sacrificio volontario di Gesù in croce, e dall'altro la grande e moderna espressività realistica della composizione.
L'opera dal titolo Il mondo del lavoro, invece, è uno stimolante e quanto mai spettacolare compendio, insieme gradevolmente figurativo ma nel contempo anche fortemente simbolico, pur se facilmente "leggibile" da parte di tutti, delle più svariate attività produttive e lavorative umane, da quelle contadine e artigianali a quelle artistiche e intellettuali, legate allo scorrere del tempo e all'alternarsi delle stagioni.
La Mietitura rappresenta uno dei temi più cari all'artista e più ricorrenti nella sua opera, insieme con quello della raccolta delle olive e a quello della pesca, nel ricordo indelebile della sua natia e amata Sicilia, con i contadini, in questo caso, immersi nel caldo abbraccio dorato del grano e indaffarati nella loro attività, affaticati, sì, ma non certo prostrati, anzi nobilmente e orgogliosamente fieri di sé e del loro lavoro.
Il sogno è un enigmatico insieme di elementi fortemente allegorici, in un'opera di ascendenze surrealiste e simboliste, con maschere appese agli alberi di un parco al di sopra un uomo che dorme su una panchina tra una bicicletta da un lato e una custodia di strumento musicale dall'altro, metafora della vita e velato invito alla riflessione sui problemi esistenziali, opera in ogni caso piacevole e divertente.
La famiglia, un altro dei grandi temi che stavano particolarmente a cuore a Salvatore Jemolo, nell'arte e nella vita, è rappresentata dai genitori con due figli affettuosamente uniti fra di loro e affacciati alla porta di casa raffigurati qui alla maniera degli espressionisti, a voler cogliere, più che la pura scena in quanto tale, lo spirito più intimo e segreto della famiglia, la semplicità e la naturalezza del loro stare insieme.
Il poggio è un piccolo e simpatico squarcio di vita che potremmo definire alla siciliana, con tre uomini, amici o conoscenti, che confabulano misteriosamente e apparentemente senza particolare animazione tra di loro, con tanto di coppola in testa, un cane comodamente adagiato ai loro piedi e pacificamente acciambellato su se stesso e un paesaggio sfuggente e solo vagamente abbozzato dietro di loro.
Amabili e suggestivi i paesaggi dipinti nel corso della sua vita dall'artista, che ha immortalato molti angoli della Brianza, sempre particolarmente attento a evidenziare nei suoi quadri l'inevitabile interazione tra ambiente naturale e storica presenza umana, come in questo Inverigo, con la chiesa del paese e gli edifici circostanti a tentare di bilanciare compositivamente l'imponente massa di un albero in primo piano.
La natura morta è uno dei generi da sempre più amati dai pittori e Jemolo non fa eccezione a questo, tanto da lasciarci, fra le tante composizioni di questo tipo, un piccolo capolavoro con l'opera intitolata Cesto con melograni e pannocchia, altrimenti chiamata in altri contesti, come spesso accade, Autunno (natura morta), un lavoro a olio di raffinata ed elegante fattura e di gradevole impatto cromatico.
Questo è Salvatore Jemolo, allo stesso titolo figlio della calda ed evocativa Sicilia e della verde e concreta Brianza, pittore insieme popolaresco e visionario, entrambi i termini intesi nel loro senso più genuino e positivo, sempre intensamente allusivo ma in nessun caso astruso e indecifrabile, un artista dei nostri giorni e di ogni tempo.
Silvano Valentini
Critico d'arte