[Recensione apparsa sulla rivista Archivio Storico Lombardo, a. LIII (1926/4) pp. 522-523]
OMERO MASNOVO, La battaglia di Legnano (29 maggio 1176). Estratto dall'Annuario 1924-25 del R. Istituto Tecnico " Carlo Dell'Acqua ", Legnano 1926, pp. 82.
E una conferenza tenuta in Legnano il 29 maggio 1924 nella ricorrenza del 748° anniversario della battaglia combattuta contro il Barbarossa. Venne di poi data alla stampa, a quasi due anni di distanza, con qualche ritocco al testo primitivo e con l'aggiunta di abbondanti note illustrative. Il discorso incontrò le più felici accoglienze, poiché l'autore, dimostrando una conoscenza sicura delle fonti sincrone, e del pensiero degli scrittori, che ne trattarono attraverso i secoli fino a noi, ci diede di quella battaglia uno studio seriamente condotto, inquadrato negli avvenimenti politici e sociali del tempo, e ne fece risaltare le conseguenze da essa scaturite.
Militarmente considerata, la battaglia di Legnano fu relativamente un piccolo fatto darmi, sia per il numero dei combattenti sia per la durata dell'azione, nella quale, se i milanesi coi loro alleati erano in maggior numero, avevano però di fronte la potente e temuta cavalleria alemanna. Lo scontro riuscì glorioso per i milanesi. Il Barbarossa, vittorioso sulle prime, si appressa impetuoso co' suoi a dar l'assalto alle schiere strette intorno al carroccio. Sconfitti ed in fuga erano i militi (fiore della nobiltà e della ricca borghesia milanese); ma intorno al carroccio rimaneva salda la fanteria, composta dei popolani delle porte cittadine, la custode del carroccio quando questo veniva trainato in campo. Il fulvo imperatore si riteneva ormai sicuro della vittoria; infatti che cosa potevano contare quei fanti sorretti da pochi militi delle città alleate? La cavalleria, in quel tempo, era tutto in guerra, e la fanteria quasi nulla. Ma nellanimo di quegli umili artigiani passò certo in quell'estremo momento la visione di una seconda distruzione di Milano, il duro esilio, e la più squallida miseria per sé e per i loro cari. Resistettero virilmente e vinsero.
Si dice che nelle trattative di Montebello dell'anno prima i milanesi e i loro federati potevano ottenere, purché si distaccassero da Roma, patti vantaggiosi e abbreviare i dolori della guerra. Ma i milanesi non abboccarono all'amo: l'imperatore concedeva senza esser vinto, pronto forse domani a partita chiusa col pontefice, a ritirare le sue concessioni. Pensare che Federico avesse facilmente a rinnegare la politica da lui iniziata a Roncaglia, e tenacemente sostenuta con lunga ed aspra guerra, era da ingenui. In realtà egli non cercava che di guadagnare tempo.
Perciò la vittoria di Legnano non è soltanto un episodio glorioso, ma il punto conclusivo dell'epica lotta tra i Comuni guelfi e l'Impero, tra il progresso e la reazione. Legnano significa la sanzione definitiva della libertà dei Comuni, i quali colla pace di Costanza (1183), a fronte alta e sicuri del fatto loro, potevano ben dire di avere finalmente ottenuto plenam iurisdictionem (Berlan, Liber Consuetudinum Mediolani anni 1216, p. 41). E come tutte le grandi guerre, così quella del Barbarossa aveva provocato uno scompiglio nei vecchi istituti sociali, accelerandone il moto di trasformazione, e, per l'avvenuta rottura di molti rapporti feudali nell'economia fondiaria, anche i rustici sentirono accresciuta la loro personalità.
Benché dalla critica ristretta in più giusti confini e detersa di posteriori leggende, tuttavia la giornata di Legnano ebbe un'importanza veramente grande per l'avvenire d'Italia, non solo perché dalla solida ossatura dei Comuni ne vennero secoli di vivace sviluppo nella coltura, nelle industrie e nei commerci, ma ancora perché vi fu suggellata nel trionfo quell'opinione pubblica che si era venuta formando (nonostante l'imperante particolarismo cittadino), la quale " condannava il parteggiare di italiani per un nemico che veniva di fuori e che appariva avverso a tutta la gente italiana", facendosi strada, sia pure fra una piccola ma netta minoranza, " l'oscuro senso di un dovere di italiani verso altri italiani, come vi era quello del cittadino verso la sua città ed i cittadini suoi ". (VOLPE, Momenti di storia italiana, p. 47). In altre parole vi si pose come in embrione il germe di una coscienza nazionale, che si svilupperà attraverso le vicende ora tristi ora liete dei secoli, e maturerà nell'unità nazionale.
La battaglia di Legnano, a differenza di altre, perché frutto di mirabile concordia cementata dal sentimento della religione e della patria nel nome sacro ed eterno di Roma, conservò nel cuore del popolo speciale ricordanza. Il 29 maggio fu considerato festa solenne dai milanesi, e tale infatti rimase per lungo volgere di anni. Con le preponderanze straniere, che segnano il servaggio d'Italia, il ricordo si oscura, senza però mai spegnersi del tutto, per ritornare a rifulgere nei giorni del nostro riscatto. Le valorose camicie rosse canteranno in faccia al tedesco oppressore che l'Italia " ancor di Legnano sa i ferri brandir ".
R. BERETTA.