A quarant'anni da Lettera ad una professoressa

La strada per Barbiana è ancora oggi una grossa mulattiera. La casa più vicina ad almeno mezzo chilometro, le altre sparse per i monti. Un paese che non è altro che una chiesa, una canonica e un cimitero. Da qui i ragazzi di una scuola "speciale" lanciarono un appello a tutto il Paese, riaffermando il ruolo primario dell'istituzione scolastica nella formazione del "cittadino sovrano" rilanciando il diritto all'istruzione come presupposto per il diritto all'eguaglianza, denunciando una scuola che stava scadendo nell'insipienza. È la denuncia di Lettera ad una professoressa, pubblicata nel maggio 1967 e tradotta in decine di lingue, ultima l'albanese. Si tratta di un'opera collettiva, frutto di un anno di attività della scuola di Barbiana. Un testo scritto dagli stessi  studenti, attraverso il metodo della "scrittura collettiva" un metodo di scrittura cooperativo che li ha visti tutti protagonisti nella stesura. La Lettera è il manifesto educativo della Scuola di Barbiana, la scuola fondata dal giovane prete fiorentino don Lorenzo Milani, "allontanato" dalla Curia fiorentina in quest'angolo sperduto del Mugello. Una scuola per montanari, per i figli dei poveri, per i tanti ragazzi che la scuola di allora perdeva, smarrendosi nelle logiche voto-registro dove i numeri venivano prima delle persone, dove le differenze sociali erano motivo di emarginazione, dove il sapere era un privilegio di pochi.
I ragazzi di Barbiana chiedevano una scuola che non preparasse al diploma, ma alla vita. Che non insegnasse saperi vuoti di senso, ma che attribuisse a tutto un "fine grande" Il fine grande per i ragazzi di
 Barbiana era dedicarsi al prossimo. «E come vuol amare il prossimo se non con la scuola, la politica e il sindacato?»: Barbiana ci insegna che il Sapere serve solo per darlo. Non è prestigio, non è strumento di differenziazione, di classismo. È un diritto di tutti, strumento di eguaglianza, di compensazione delle differenze sociali, economiche, tra "Pierino, figlio del dottore" nato con la camicia, e Gianni che è nato sui monti e ha un papà che non legge neanche il giornale. È per ricordare questa scuola, i suoi ragazzi e il loro maestro, che oggi, a quarant'anni di distanza, il Movimento Studenti di Azione Cattolica ripropone una riflessione sull'esperienza educativa di Barbiana.  Il MSAC propone una mostra. Itinerante, tematica, attuale. Itinerante, perché vogliamo che questa mostra, con le sue parole, le sue foto, la vita che racconta, possa "visitare" tantissimi studenti, raggiungendoli nelle loro scuole, nelle loro province, nelle loro città. Ci auguriamo che la mostra possa divenire patrimonio di tutti e che possa appassionare ogni studente ad una nuova idea di scuola e di impegno nello studio. Attuale, perché non si tratta di un amarcord celebrativo magari anche un po' nostalgico, né si tratta  dell'album fotografico di un'esperienza di scuola troppo "speciale" Siamo convinti che Barbiana possa parlare ancora oggi e possa parlare agli studenti di questo tempo, ai loro sogni, alle loro domande di senso. Tematica. La mostra proposta dal MSAC è divisa in tre sezioni: Barbiana e gli Ultimi, Barbiana e la Parola, Barbiana e la Costituzione. Sono tre temi di grandissima attualità, che possono contribuire al dibattito culturale in atto sulle controverse vicende che coinvolgono la scuola. Mettono al centro le scelte educative di don Lorenzo e le intuizioni più profonde della Lettera: la scelta dei poveri, il diritto allo studio, il ruolo primario del Sapere nella formazione della persona e del cittadino, il servizio e l'impegno per il bene del Paese.  Barbiana era una scuola unica. Irripetibile, come diceva lo stesso don Milani. Sicuramente migliorabile. Barbiana non è il modello di scuola ideale. È una provocazione che ha la forza di parlarci ancora.

Barbiana

365 giorni all'anno, senza ricreazione, tutto il giorno. Si studiavano lingue, matematica, storia, meccanica, musica, astronomia... Ma soprattutto tutte le mattine si leggeva il giornale, si discuteva di attualità, di politica: il dialogo e il confronto erano importanti perché si offriva a tutti la possibilità di esprimere le proprie idee e, soprattutto, di lasciarsi arricchire dalle idee degli altri. I ragazzi più grandi dopo qualche anno diventavano già maestri dei più piccoli, studiavano per la vita, per una formazione che superasse "le mode", che si spendesse per il servizio, civile, politico, educativo... Ma restava da fare ancora una scoperta: anche amare il sapere può essere egoismo.

Barbiana e gli ultimi

Don Lorenzo Milani aveva a cuore i poveri, i contadini, gli operai, i "senza parole e i timidi". Sentiva la responsabilità pastorale di dedicare loro una "cura" speciale: la sua missione era portare il Vangelo nelle loro vite.
Ma questo non sarebbe stato possibile senza creare le giuste condizioni culturali e sociali indispensabili per accogliere l'annuncio. Per don Lorenzo annunciare il Vangelo non poteva prescindere dalla concreta promozione di ogni persona, attraverso la scuola. Il Vangelo, a questo punto, diventa una questione di giustizia. A quarant'anni dalla scomparsa di don Lorenzo, la "questione" degli ultimi, dei poveri è ancora tristemente attuale. Cambiano le forme, le condizioni, cambiano i "poveri" ma il nocciolo è sempre lo stesso: garantire a tutti un'educazione e un'istruzione dignitose. La scuola che oggi sogniamo è una scuola capace di accogliere e includere perché non diventi un ospedale che cura i sani e respinge i malati. A scuola c'è posto per tutti: per Ahmed che viene dalla Tunisia, per Mariella che vede il mondo dalla sua carrozzella, per Marco che di studiare non ha tanta voglia.
Una scuola capace di valorizzare le culture e le differenze, di mettere al centro le persone e di averne a cuore la formazione. Barbiana ci chiama, dunque, a costruire una società dei diritti e delle opportunità dove sia dato ad ognuno una possibilità di speranza e di futuro.

Barbiana e la parola

A Barbiana si studiavano tanto le lingue. Ma soprattutto l'italiano. L'importante è sapersi esprimere. La parola, il sapere educano al senso critico, dicono di una testa ben fatta, che fa a meno delle mode, delle schiavitù intellettuali. La parola, per don Lorenzo,
rende consapevoli e liberi. Traduce un sapere vivo, capace di parlare alla vita di tutti i giovani, anche a quella dei "montanari"di Barbiana. Per questo studiare è un diritto di tutti, anche dei ragazzi "difficili". La scuola che rinuncia "all'ultimo della classe" al più svogliato, a Gianni, insomma, non è più degna di essere chiamata scuola. È questo il suo problema, ieri, ai giorni di Barbiana, come oggi.
Dunque, c'è solo una cosa da riaffermare: questa scuola serve!
Una scuola che insegni a vivere, a pensare. Una scuola in cui imparare ad essere uomini, donne, cittadini. Di domani. Già oggi.

Barbiana e la cittadinanza

I care. Un motto semplice, che rimane facilmente impresso. Significa "mi interessa, mi sta a cuore" A Barbiana questo motto era scritto su un cartello inchiodato sulla porta della scuola. Ma non solo lì. Era scolpito nelle menti e nei cuori di tutti gli scolari di don Milani. Don Lorenzo aveva insegnato loro che era proprio lo studio la chiave per il loro riscatto; uno studio, però, non fine a se stesso, ma che sapeva farsi dono per gli altri. In questo
modo provava a vincere la sua sfida: fare di quei ragazzi dei cittadini in grado di spendersi per gli altri, per i più deboli, poveri, emarginati, di prendersi cura delle proprie realtà impegnandosi nella politica, nel sindacato, nella scuola. Da Barbiana, da quella piccola aula dove studiavano ragazzi di tutte le età,dovevano venir fuori quei "cittadini sovrani" di cui parla la Costituzione. La lezione di don Milani è ancora oggi straordinariamente significativa e provocatoria.